Camillo Donati
I vini naturali di Nonno Orlando nascono da una vigna di piccole dimensioni per il consumo familiare, nel 1930, in località Arola, in un posto denominato “Groppone”. (Così chiamato per l’enorme pendenza del terreno).
Il nonno fece innestare da suo cognato Oreste Cavalli, tante varietà d’uva, le più disparate, dalle più famose come Barbera, Bonarda, Sangiovese, Lambrusco Maestri e Grasparossa, Malvasia Aromatica di Candia, Sauvignon, Moscato Giallo, a quelle ormai oggi scomparse come l’uva rara, la terra promessa, ed altre ancora delle quali conosciamo solo il termine dialettale, ad es. “al besmén”.
Questo denota la grande passione del nonno verso la viticoltura, la Vite. Anche se poi pigiava tutte le diverse uve insieme, tenendo separate solo le uve a bacca bianca dalle uve a bacca rossa.
Questa sua personale “sperimentazione” d’allevare diverse qualità d’uva (usando la moderna terminologia oggi si direbbe “zonazione”) è risultata per me oggi molto importante nell'affrontare le scelte di portainnesti e di cultivar per realizzare i nuovi vigneti.
"Allora la vigna nell’economia familiare, rappresentava una piccola parte, che permetteva di bere vino tutti i giorni; questo era fondamentale nell’apporto di calorie nella dieta di quei tempi: il vino oggi è considerato da molti solo un piacere (io lo considero anche un alimento), ma anni fa era alimento fondamentale per compensare le carenze alimentari".
"Mio papà Antonio, unico figlio maschio di Orlando, intraprese un’altra strada: dopo aver completato gli studi in collegio all’Osservanza di Bologna, entra come impiegato al Centro Contabile della Banca Commerciale Italiana di Parma, ma nonostante la sua professione ha sempre coltivato la vigna del “Groppone” insieme al nonno Orlando fino al 1964, anno in cui morì quest’ultimo, per poi proseguire in seguito da solo."
"Mio padre era un innamorato della Natura, ed in particolar modo della Vite. Devo dire che mi ha saputo trasmettere questo amore in modo totale. Da lui ho imparato a rivolgermi alla Vite come ad un essere vivente, con il quale dialogare, ognuna con la sua propria individualità."
È fondamentale riuscire ad intuire e valutare se e di cosa la Vite ha bisogno, specialmente durante la potatura, in modo da poter aiutare quelle in difficoltà ed “assecondare” in modo giusto quelle in piena vigoria.
La Vite è una pianta generosissima, che sopporta anche tante angherie inflittele dal vignaiolo “disattento” e da una stagione avversa, ma se l’ascolti, e la tratti bene, con profondo rispetto e con tanto amore, lei questo lo avverte e ti ripaga largamente.
"Se la cura della Vite l’ho imparata da mio padre, “l’arte” del cantiniere l’ho imparata da Ovidio (classe 1923), amico di mio padre ed ora grande amico mio, poiché mio papà era più per stare nella vigna, all’aria aperta, che in cantina. Ovidio mi ha insegnato a muovere i primi passi nel vinificare, trasmettendomi il suo enorme bagaglio tecnico, e le sue “perle” di saggezza, frutto di una lunghissima esperienza e di un’intelligenza acuta."
"Oggi, con molta umiltà, cerco a piccoli passi di trasferire tanta sapienza nei miei vini, augurandomi che se ne possa cogliere l’essenza. E se tutto ciò è possibile, lo devo alla Provvidenza ed alla mia famiglia, la quale, nelle persone della mamma Rosetta, i suoceri Gabriella e Francesco, mia moglie Francesca, mia sorella Cristina, i miei cognati Moreno e Davide, le mie nipoti Morena e Monia (Monia ora lavora fissa con me), mi ha sempre appoggiato, incoraggiato, sopportato, ed aiutato anche proprio fisicamente, pur facendo tutti altri lavori, sacrificandosi amorevolmente e gratuitamente! In più oggi ci sono anche Camilla e Ginevra che ci aiutano anche loro a continuare su questa “strada” meravigliosa. Questo è un mio piccolo ed umile ringraziamento di cuore, a Dio ed a tutta la mia famiglia. Camillo".